Sentendosi ferito, Gabriele credette di essere giunto alla fine. La
sua vita gli scorse in un istante davanti agli occhi. Quello che più lo
affliggeva era di aver mostrato tanto disprezzo per San Giuseppe...
Suor Letícia Gonçalves de Sousa, EP
La Prima Guerra Mondiale
sorprese il mondo per la
sua violenza, in virtù delle
macchine che lo sviluppo
tecnologico dell’epoca era riuscito
a elaborare. Tra esse si distinguevano
gli aerei, seminatori di morte, i cui
terribili attacchi inondavano di soldati
gravemente feriti il pronto soccorso
dell’ospedale da campo.
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Abbiamo trascorso la mattinata molto animatamente facendo andare il trenino di qua e di là |
Dopo uno dei bombardamenti,
vi era giunto
in modo misterioso
un ragazzo. Nessuno sapeva
chi lo avesse portato
e lui non smetteva di
balbettare:
– Dio la benedica!
Dio la benedica! E, per
favore, perdoni la mia
ingratitudine...
Confuso, il medico di
turno, Dr. Teobaldo, gli
chiese:
– Ragazzo, come sei
arrivato qui? Tu sei l’unico
del decimo battaglione
che è sopravvissuto all’attacco
aereo! Nessuno dei
tuoi compagni è riuscito
a fuggire dalla pioggia di
bombe nemiche.
Si fece un momento
di silenzio. Il giovane
militare cominciò a piangere e, singhiozzando,
narrò la sua storia...
* * *
Quando ancora ero bambino, un
giorno feci visita a un amico, di una
famiglia molto benestante. Ho avuto
una grande gioia nel vedere che aveva
un meraviglioso trenino giocattolo.
Abbiamo trascorso la mattina intera
molto animatamente, facendolo
andare di qua e di là. Abbiamo giocato,
giocato, giocato!
La signora Giuseppina, la madre
di quest’amico, ci contemplava compiaciuta.
Più tardi, vedendo che la
mia gioia era contagiosa, decise di
darmi un regalo:
– Gabrielino, quando tu giochi
con mio figlio, lui è così contento
che non so come ringraziarti. Cosa
desideri che io ti dia come
ricordo?
Gridai subito:
– Io voglio un trenino così!
Quella signora aveva
molto rispetto per mia
madre e mi spiegò:
– Sicuramente lo avrai.
Proprio ieri sono andata
nel negozio di giocattoli e
ce n’è ancora uno disponibile.
Tuttavia, è necessario
che prima tu chieda autorizzazione
a tua madre.
Non voglio darti nulla senza
che lei acconsenta.
Non posso descrivere
l’euforia con cui tornai a
casa. Tra salti, urla e grida,
l’abbracciai, dicendo:
– Mamma, avrò in regalo
uno straordinario
trenino!...
Lei, molto spaventata, mi ha chiesto
il motivo dell’insolito entusiasmo.
Allora le raccontai tutta la vicenda,
in frasi sconnesse, e con impazienza
le chiesi di parlare il più presto possibile
con la signora Giuseppina. Lei,
però, restava in silenzio e, davanti alla
mia insistenza, mi consigliò:
– Figlio mio, credo che la miglior
scelta sarebbe una statua di
San Giuseppe, per assumerlo come
tuo patrono e protettore. La signora
Giuseppina ne possiede alcune bellissime
a casa sua e sono sicura che,
se glielo chiedi, lei ne sceglierà una
delle più belle e preziose.
Deluso, ribattei:
– Ma, mamma, io voglio un trenino
uguale a quello del mio amico!
Invano lei tentò di farmi cambiare
idea... Indignato, andai un’altra
volta a casa del mio compagno:
– Signora Giuseppina, mia madre
vorrebbe avere una statua di San
Giuseppe. Però... io, no!!! Preferisco
un trenino!!...
Senza dire altro, tornai a divertirmi
col giocattolo e trascorsi il pomeriggio
intero con questo, insieme al mio
amico. Al momento di andarmene, la
signora Giuseppina mi consegnò un
pacchetto enorme e mi raccomandò:
– Porta San Giuseppe con attenzione
e manda i miei saluti alla tua
devota mamma.
Amareggiato, presi commiato da
lei e da suo figlio, e me ne andai via.
Giunto a casa, la mamma mi aspettava,
come al solito. Le misi il pacchetto
in mano, senza far cerimonie,
e le dissi:
– Ecco qui il tuo Giuseppe!
– Figliolo, apriamo il pacco e preghiamo
insieme il padre adottivo del
Bambino Dio.
– Se vuoi, prega tu! – le risposi, risentito.
Per me fu difficile persino guardare
la statua. Non potevo far pace
con San Giuseppe, poiché a causa
sua era rimasto senza il tanto agognato
trenino. Questa situazione
perdurò fino ad oltre la
mia adolescenza.
Sono cresciuto con
questa avversione e, raggiunta
l’età, sono stato
chiamato a servire nell’esercito.
Pieno di grandi
ideali, iniziavo la carriera
militare. Con lo scoppio
della guerra, però, tutto
è diventato più difficile.
Numerosi soldati furono
inviati al fronte, e fra loro
c’ero io.
Salutai i miei genitori,
che piangevano copiosamente.
Mia madre, ormai anziana, mi ha portato davanti
a San Giuseppe, promettendo
che avrebbe pregato per me lì tutti
i giorni e avrebbe tenuto sempre un
giglio fresco vicino alla statua, come
segno della sua fiducia e devozione
all’insigne protettore.
Sono partito pieno di orgoglio. Invece,
le cose erano ben differenti da
quello che immaginavo... Ad ogni battaglia
mi sentivo lì lì per lasciare questo
mondo. I miei compagni cadevano,
uno dopo l’altro, feriti a morte. E,
oggi, in mezzo al bombardamento, ho
udito uno scoppio fragoroso:
– Brruumm!!!
Un intenso dolore mi ha preso il
petto e ho pensato di essere arrivato
alla fine. Tutta la mia vita è scorsa
in un istante davanti ai miei occhi. E
quello che più mi affliggeva era aver
mostrato tanto disprezzo per San
Giuseppe, nel corso degli anni...
Pentito, gli ho chiesto perdono e
sono svenuto. Poco tempo dopo ho
cominciato a svegliarmi e, ancora semiincosciente,
ho sentito un gradevole
profumo di giglio e ho ascoltato
una voce ferma che mi diceva:
– Gabriele, in fretta, usciamo di qui!
Ho aperto gli occhi e ho visto un
uomo robusto che, con un gesto cordiale,
mi tendeva la mano. L’ho presa
senza opporre resistenza e insieme
siamo arrivati, non so come, fino
alla porta dell’ospedale. Ormai un
po’ più sveglio, gli ho chiesto:
– Come sai il mio nome? Perché
hai rischiato in questo modo per
me? Come ti chiami?
– Mi chiamo Giuseppe e sono il
tuo patrono! – mi ha risposto – Ti
conosco fin da piccolo e, anche se tu
non mi volevi bene, mi è impossibile
non rispondere alle suppliche perseveranti
di tua madre.
Detto questo, è sparito.
* * *
Facendo un sospiro profondo, il
soldato ferito ha così continuato:
Illustrazioni: Edith Petitclerc |
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“Ancora semiincosciente, sentii un gradevole profumo di giglio e ascoltò una voce” |
– Gli infermieri, allora, mi hanno
trovato, e ora sono qui. Il Dr. Teobaldo,
ha visto in questo un segnale del
Cielo. Da molto sentivo un forte desiderio
di diventare sacerdote, ma lottavo
contro questa idea. La vita militare
mi sembrava più gradevole e prestigiosa.
Ora, desidero con tutta la mia anima
di abbracciare la via sacerdotale.
Gabriele recuperò presto dalle
sue ferite. Terminata la guerra, fu
ordinato e si convertì in un fervente
propagatore della devozione a San
Giuseppe. Lo menzionava sempre
nei suoi sermoni e non perdeva occasione
per ricordare quanto discretamente
ed efficacemente il Santo Patriarca
protegga tutti quelli che a lui
ricorrono, come proteggeva, in Terra,
la Sacra Famiglia di Nazareth.
(Rivista Araldi del Vangelo, Febbraio/2016, n. 154, p. 46 - 47)