Vangelo
16 Dio ha tanto amato il mondo da
dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia,
ma abbia la vita eterna. 17 Infatti Dio
non ha mandato il Figlio nel mondo
per giudicare il mondo, ma perché
il mondo si salvi per mezzo di lui.
18 Chi crede in lui non è condannato;
ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto
nel nome dell'unigenito Figlio di
Dio (Gv 3, 16-18).
Dio manifesta il suo inesauribile amore per gli uomini
aprendo loro le porte della convivenza trinitaria per
mezzo dell'opera redentrice di suo Figlio.

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
I – Un mistero rivelato dall'Uomo-Dio
Iniziando con pietà un atto qualsiasi della vita
quotidiana o una preghiera, siamo soliti dire:
"Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo". La stessa invocazione dà inizio alla Santa
Messa, che prosegue con un saluto del sacerdote,
di questo tenore: "La grazia di Nostro Signore
Gesù Cristo, l'amore del Padre e la comunione
dello Spirito Santo siano con tutti voi".1 Il mistero
della Santissima Trinità è presente nella nostra
quotidianità, tutto il tempo. Sappiamo, dalla dottrina
della Chiesa, che ci sono tre Persone Divine,
ma un solo Dio. Tuttavia, l'intelligenza umana
non comprende questa realtà soprannaturale,
tra le varie ragioni perché siamo abituati a trattare
con gli altri uomini, mere creature della stessa
nostra natura razionale, nella quale si confondono
in un'unità l'essere e la persona.
Conoscere la Trinità è possibile soltanto con la Rivelazione
È la fede che ci permette di accettare questa verità,
a tal punto che se il Figlio di Dio non l'avesse
rivelata, sarebbe impossibile dedurla col semplice
raziocinio.2 L'Antico Testamento non offre elementi
per discernere con precisione l'esistenza della
Trinità, ma soltanto vestigia e insinuazioni molto
tenui che la fanno, in un certo modo, esser presentita.
Per esempio, narrando l'opera del sesto giorno
l'Autore Sacro utilizza il verbo al plurale, come se
la decisione fosse presa da varie persone: "Facciamo
l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza"
(Gn 1, 26). Questo e altri testi biblici analoghi
(cfr. Gn 3, 22; 11, 7) possono esser considerati segni
della Trinità, sebbene non siano espliciti e categorici.
Anche nella storia di Abramo c'è un fatto significativo:
i tre Angeli che lo visitano per annunciare
la nascita di Isacco suggeriscono qualcosa di questo
mistero (cfr. Gn 18, 1-2). I Libri Sapienziali contengono
allusioni alla generazione eterna del Verbo
dal Padre, quando la Sapienza parla di Se stessa: "Il
Signore mi ha creato all'inizio della sua attività, prima
di ogni sua opera, fin d'allora. Dall'eternità sono
stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della
terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata"
(Pr 8, 22-24). E, nella visione di Isaia, i Serafini
proclamano "Santo, Santo, Santo è il Signore Dio dell'universo!" (Is 6, 3), ripetendo il titolo per
onorare le tre Persone. La ragione umana, tuttavia,
non avrebbe mai una capacità sufficiente per giungere
a tale conclusione e dedurre tali applicazioni,
poiché il senso della Scrittura è diventato chiaro solo
dopo l'Incarnazione, com'è nella Preghiera del
Giorno: "O Dio, nostro Padre, inviando al mondo
la Parola della verità e lo Spirito santificatore, hai
rivelato il tuo ineffabile mistero. Fa' che, professando
la vera Fede, riconosciamo la gloria della Trinità
e adoriamo l'Unità onnipotente".3
 |
Santissima Trinità, particolare della Chiesa Greco- Cattolica di Ropki – Museo di Architettura Popolare, Sanok (Polonia) |
Infatti, è il Figlio di Dio che annuncia l'esistenza
delle altre Persone, e Lui stesso dichiara: "Ma il
Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà
nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà
tutto ciò che io vi ho detto" (Gv 14, 26);
"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento
non siete capaci di portarne il peso. Quando però
verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità
tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà
tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future"
(Gv 16, 12-13). È stato, dunque, a partire da
Pentecoste che gli Apostoli sono stati edotti dallo
Spirito Santo. È Lui che ci porta a comprendere la
verità, anche se in modo un po' oscuro, a tentoni,
come quando entriamo in una stanza senza luce e,
impossibilitati a vedere con nitidezza, ci muoviamo
con cautela tastando le pareti e gli oggetti, fino
ad acquisire una vaga idea del luogo. Così, anche
la fede – un dono di Dio col quale assentiamo alle
verità soprannaturali che ci sono proposte4 – ci
conferisce una certa nozione diffusa rispetto alle
tre Persone della Santissima Trinità, Padre, Figlio
e Spirito Santo. Egli ha voluto che conoscessimo
qualcosa di questo mistero
già sulla Terra, per prepararci
per l'eternità, come
afferma Sant'Agostino:
"Per poter contemplare
ineffabilmente ciò che è
ineffabile, è necessario purificare
la mente. Non essendo
ancora dotati della
visione [beatifica], siamo
nutriti dalla fede e condotti
attraverso cammini accessibili,
al fine di diventare
atti e idonei al suo possesso".
5 Infatti, siamo in questo
mondo di passaggio e
siamo diretti a una convivenza
perenne con la Trinità
nel Cielo, dove vedremo "la verità senza fatica e
godremo della sua chiarezza e certezza. Non sarà
necessario il raziocinio dell'anima, poiché vedremo
intuitivamente […]. Davanti al fulgore di quella
luce, non ci saranno dubbi".6
Nel Vangelo contemplato dalla Liturgia, Gesù,
il Figlio di Dio Incarnato, ci insegna che siamo
qui di passaggio in vista di una convivenza
eterna con la Santissima Trinità. Analizziamo,
dunque, questo passo avendo presente questo
altissimo mistero della nostra Fede.
II – L'amore della Santissima Trinità per la sua opera
Ricchissimi sono i tre versetti tratti dalla narrazione
di San Giovanni circa la famosa conversazione
notturna di Nostro Signore con Nicodemo.
Essi racchiudono verità straordinarie
che, se ora appartengono al dominio comune
dei cattolici, in quel momento significarono una
prodigiosa apertura di orizzonti in campo soprannaturale.
Questo colloquio – uno dei passi
più sostanziosi della Scrittura –, oltre a essere
di grande bellezza, costituisce anche un autentico
trattato di teologia riguardo all'opera redentrice
di Cristo, del Regno di Dio e di altri
aspetti della Rivelazione.
Gustavo Kralj |
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Abramo è visitato da tre Angeli – Basilica di San Vitale, Ravenna |
Il Discepolo Amato ha descritto il tenore di
questo dialogo a partire da quello che ha sentito,
forse da Nostro Signore, da sua Madre Santissima
– a cui Gesù lo deve aver raccontato – o dallo stesso
Nicodemo. Questo fariseo aveva un'ottima formazione
religiosa e, secondo ciò che tutto indica, cuore retto, per cui il Divino Maestro cercava
di aprire la sua intelligenza. Purtroppo ci
fu una certa resistenza da parte sua, poiché
gli costava aderire a dottrine così differenti
da quelle che già aveva assimilato nella religione
ebraica, come gli era stata trasmessa
dai suoi maestri. Il fatto di esser andato alla
ricerca del Salvatore durante la notte è evocativo,
come evidenzia un abate medievale:
"È detto molto opportunamente che venne
di notte, perché oscurato nelle tenebre dell'ignoranza
non era ancora venuto ad acquisire
la luce necessaria per credere che Gesù era
Dio, con tutta la perfezione. La parola notte,
nella Sacra Scrittura, è spesso usata per indicare
l'ignoranza".7
Ecco il rischio che corre chi possiede molta
conoscenza: la sua difficoltà a credere può
esser maggiore. La conversazione di Gesù
con la samaritana, donna piena di fede e di
entusiasmo (cfr. Gv 4, 7-26), conferma tale
realtà: lei si converte più rapidamente di Nicodemo.
Questi, tuttavia, passato del tempo
sarebbe stato discepolo del Signore e sarebbe
stato fra quelli che prepararono il suo sacro
Corpo per seppellirLo, dopo la Crocifissione
(cfr. Gv 19, 38-42). Seguì Nostro Signore e si santificò
perché la grazia finì per aprire il suo cuore ai
preziosi insegnamenti ricevuti quella notte.
La carità divina è eminentemente diffusiva
16a Dio ha tanto amato il mondo...
Dio, essendo onnipotente, ha la capacità di
non fare mai il male.8 Tutto quanto Egli crea è
buono e, di conseguenza, ama le sue opere. Certe
cose che Egli ha visto in Se stesso da tutta l'eternità,
le ha amate in modo speciale e ha dato
loro l'esistenza,9 traendole dal nulla affinché partecipassero
alla sua felicità. Un esempio ci aiuterà
a meglio intendere questo modo di procedere:
se uno possiede notevoli doti culinarie è normale
che, quando elabora con piacere deliziosi piatti,
desideri invitare gli altri ad apprezzarli. C'è nella
stessa natura umana, perfezionata dalla virtù,
una tendenza a favorire i simili e a renderli partecipi
della propria felicità, perché il bene è eminentemente
diffusivo.10 Ora, se questo succede
alla nostra natura, che è incline all'egoismo, come
sarà in Dio? In Lui l'amore è infinito – "Dio è
amore" (I Gv 4, 8) – e tende a propagarsi, poiché
Lui vuole comunicare la sua bontà. Non senza
ragione ha creato l'universo, che è un'emanazione di questa carità, come commenta San Tommaso:
"Le creature uscirono dalla mano [divina]
aperta dalla chiave dell'amore".11
 |
Visita di Nicodemo a Cristo, di John La Farge - Smithsonian American Art Museum, Washington |
Vedendo tutto quanto aveva fatto, l'Altissimo
constatò che l'insieme non era soltanto buono,
come ogni parte della creazione, ma ottimo
(cfr. Gn 1, 31). Tuttavia, una parte degli Angeli
e gli uomini non furono grati per i benefici ricevuti,
non seppero restituire a Dio quello che
Gli apparteneva, né corrispondere al suo amore.
Gli angeli cattivi peccarono e, dopo loro, anche
Adamo e Eva, essendo introdotta la maledizione
nell'ordine dell'universo, e le porte del
Cielo si chiusero per l'umanità.
Una conversazione nell'eternità…
16b …da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia,
ma abbia la vita eterna…
Dio è radicale o, più esattamente, è la Radicalità,
e per questo ama per intero, fino alle ultime
conseguenze. Ora, Egli ha voluto salvare
la sua opera! Con l'obiettivo di farci un'idea di
quello che sarà accaduto tra il Padre, il Figlio e
lo Spirito Santo per determinare la Redenzione,
possiamo immaginare, in base a modelli umani, un colloquio in seno alla Trinità, sebbene sul
piano divino tutto sia molto differente. In questa
conversazione ipotetica, una delle tre Persone
dice alle altre qualcosa del genere:
GFreihalter |
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Crocifissione di Cristo – Chiesa di San Martino, Bassenheim (Germania) |
– Il nostro disegno in relazione all'umanità è
frustrato. Cosa facciamo?
Il Figlio, che è la Sapienza, Si rivolge al Padre:
– Io assumo il debito! Mi incarnerò e, nella mia
natura umana, in quanto Seconda Persona della
Trinità, un semplice mio gesto potrà riparare l'offesa
che Ci hanno fatto, riaprire le porte del Cielo
e versare sugli uomini un flusso di grazie ancor più
abbondante che se Adamo non avesse peccato.
Allora, il Padre aggiunge:
– Figlio mio, Io desidero di più. Malgrado basti
un mero atto da parte tua per riparare il peccato
commesso, esigerò che accetti il tormento
della crocifissione e dell'abbandono, poiché voglio
per Te tutta la gloria possibile e la massima
esaltazione, anche, dell'umanità che assumerai.
E il Figlio consente, senza esitazione:
– Padre mio, "ecco, io vengo a fare la tua volontà"
(Eb 10, 9).
Infine, lo Spirito Santo conclude:
– Io ho sempre desiderato dare più al Padre e al
Figlio e restituire a entrambi, per il fatto di provenire
dal loro mutuo amore. Ora, con questa consegna
del Figlio, ciò sarà possibile, poiché Mi assumerò la
missione di rivelarLo agli uomini, santificandoli e
disponendo i loro cuori ad accoglierLo.
Vediamo, pertanto, come Dio abbia amato il
mondo con radicalità e senza limiti, al punto da
accondiscendere a dare suo Figlio Unigenito, generato
prima di tutti i secoli, per salvare l'umanità
che era entrata nelle vie del peccato e servirle da
modello. Insegna San Tommaso d'Aquino: "L'amore
si dimostra con la donazione […]. E Dio ci
ha dato il dono massimo, perché ha dato suo Figlio
Unigenito. Per questo si dice: 'per dare suo Figlio
Unigenito'; 'non ha risparmiato il suo proprio
Figlio, ma Lo ha dato per tutti noi (Rm 8, 32)".12
La convivenza della Trinità
è aperta agli uomini
16c ...ma abbia la vita eterna. 17 Infatti
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo
per giudicare il mondo, ma perché il
mondo si salvi per mezzo di lui.
Il Figlio di Dio non è venuto per vigilare né
per recriminare, ma per portarci la vita eterna.
L'offerta di una goccia del suo Sangue avrebbe avuto merito infinito e sarebbe stata sufficiente
per riparare i crimini di tutta l'umanità, da Adamo
fino all'ultimo uomo della Storia. Egli, però,
ha dato tutto, inclusa la propria carne, soltanto le
sue ossa non gli sono state spezzate, affinché si
compisse la Scrittura (cfr. Es 12, 46). "Tanto era
sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto" (Is 52,
14), essendo comparato a un verme (cfr. Sl 21, 7).
Questo ci dà un'idea della grandezza di questo
desiderio di ottenere per noi la vita eterna: "Il Figlio,
cui il Padre non perdona, è consegnato, ma
non contro la sua volontà, poiché di Lui è scritto:
'Mi ha amato e Si è dato per me".13
Che cosa dobbiamo intendere per vita eterna?
In una parola, la vita dello stesso Dio, Padre, Figlio
e Spirito Santo, ossia, la conoscenza infinita
del Padre rispetto a Sé, con la quale Egli genera
il Figlio, e l'amore tra i due, così proficuo,
fa che da lui proceda lo Spirito Santo, chiudendo
il processo trinitario. Dio, però, ha voluto aprire
agli Angeli e agli uomini le porte di questa convivenza,
della "vita intima della Sacrosanta Trinità
nelle ineffabili comunicazioni delle tre Persone.
Infatti tutte e tre, e ognuna a suo modo, contribuiscono
all'opera della nostra deificazione. […]
Il Padre è colui che ci adotta, il Figlio chi ci rende
suoi fratelli e coeredi, lo Spirito Santo chi ci consacra
e ci rende templi vivi di Dio, e viene ad abitare
in noi in unione con il Padre e il Figlio",14 come
spiega bene padre Arintero. In una sola frase
riassume tali verità il Dottor Angelico, con tutta
semplicità: "La vita eterna non è altra cosa se
non il godimento di Dio".15
Ora, l'accesso a questo piacere ci è permesso
col Sacramento del Battesimo,
istituito da Nostro Signore,
il cui rito è semplice e
in tal maniera facilitato che –
in mancanza di un ministro ordinato
e in caso di necessità –
può esser amministrato da una
qualsiasi persona, purché voglia
attenersi alla forma della
Chiesa. Nel momento in cui è
versata l'acqua sul neofita ed
è pronunciata la formula "Io ti
battezzo in nome del Padre, e
del Figlio, e dello Spirito Santo",
si opera un impressionante
miracolo, dei più grandi che
ci sono sulla Terra: da mera
creatura, la persona è elevata alla partecipazione alla vita di Dio. Le sono, inoltre, infuse le virtù teologali – fede, speranza, carità
– e le cardinali – prudenza, giustizia, fortezza,
temperanza –, alle quali si accresce l'enorme
corteo delle altre virtù, e tutti i doni del Consolatore.
Ma, soprattutto, l'anima diventa un tempio
vivo in cui abitano il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo.
Camilo Gálvez |
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Battesimo di Sant’Ignazio – Santuario di Loyola, Azpeitia (Spagna) |
Infatti, le tre Persone già erano in lei, perché
Dio Si trova realmente e intimamente in ogni parte
e in ogni creatura, in tre forme: in essenza, sostenendola
nell'essere, in modo che non torni al
nulla; in presenza, visto che tutto succede davanti
ai suoi occhi; in potenza, poiché tutto è soggetto al
suo divino potere. Tuttavia, dopo il Battesimo, sarà
presente anche come Padre e Amico.
La vita divina ricevuta nel Battesimo deve esser
coltivata fino a sbocciare pienamente quando
varcheremo le soglie della morte e penetreremo
nella vita eterna, promessa dal Signore Gesù. Essa
consiste nel contemplare Dio16 tale come Egli
è (cfr. I Gv 3, 2), cosa che sarebbe impossibile
se non fosse data alla natura umana la luce della
gloria, cioè, la stessa luce di Dio. A ragione dice
la Scrittura: "in lumine tuo videbimus lumen –
nella tua luce vedremo la luce" (Sl 35, 10).
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Parabola del ricco e del povero Lazzaro, miniatura del Codex Aureus di Echternach - Museo Nazionale Germanico, Nuremberg (Germania) |
La condanna proveniente dalla mancanza di fede
18 Chi crede in lui non è condannato;
ma chi non crede è già stato condannato,
perché non ha creduto nel nome
dell'unigenito Figlio di Dio.
In questo versetto Gesù mostra come ci
salviamo o ci condanniamo, e chiarisce un
aspetto della teologia che non era di intera
conoscenza dei giudei. Essi credevano nel
Giudizio Finale, ma non avevano uguale certezza
riguardo al giudizio personale, e per
questo Nostro Signore ha voluto raccontare
la parabola del ricco e del povero Lazzaro
(cfr. Lc 16, 19-31). La Chiesa Cattolica insegna
che "ogni uomo riceve nella sua anima
immortale la ricompensa eterna a partire dal
momento della morte, in un giudizio personale".
17 Ciò nonostante, il Divino Maestro dichiara
qui qualcosa che trascende questa verità:
il giudizio si fa nello stesso istante in cui
gli atti sono praticati. Di per sé, essi determinano
la salvezza o la condanna di ognuno, come
afferma Sant'Agostino, spiegando questo
passo del Vangelo: "La sentenza ancora non è
pubblicata, ma è già stata redatta. Il Signore
sa chi sono i suoi; sa chi rimarrà per la corona
e chi sarà destinato alle fiamme; nella sua
terra sa ciò che è grano e ciò che è paglia, ciò
che è messe e ciò che è zizzania".18 In tal modo,
chi commette un peccato mortale è salvo
dal giudizio di Dio e da una condanna ipso
facto soltanto perché Egli sospende la punizione.
La cosa normale sarebbe che quando
un essere intelligente e libero, come l'uomo,
cadesse in una mancanza grave, l'ordine
dell'universo vulnerato si vendicasse, e satana
lo afferrasse conducendolo all'inferno.
Questo non accade solo perché Dio lo impedisce,
per dare altre opportunità di correzione
al peccatore che, in realtà, è già giudicato.
Questa dottrina deve essere chiara affinché
non si crei una concezione illusoria della vita,
pensando sia possibile condurre un'esistenza di
cadute frequenti, seguite da confessioni senza
autentica contrizione né proposito di riparazione
e, nell'ora della morte, ricevere i Sacramenti
e andare in Cielo. Questo equivoco è così antico
che già San Giovanni Crisostomo, nel IV secolo,
commentando lo stesso versetto, ammoniva
i suoi contemporanei sui rischi di ritenere
che "l'inferno non esiste, non ci sono castighi,
Dio perdona tutti i nostri peccati".19 Ora, è molto
probabile che nel fuoco eterno si trovino le
anime di molti che ritenevano di poter oscillare
tra il peccato e lo stato di grazia, e all'improvviso
sono state rapite da una morte imprevista
e in esse si è compiuta la parola di Nostro Signore:
"è già condannato". Si tratta di una mera
coincidenza? No! Sarebbe un miracolo della misericordia
divina che questo non accadesse, poiché,
come abbiamo visto, dal peccato dovrebbe
risultare la morte immediata. Nostro Signore
dice che è condannato chi non crede nel nome
del Figlio Unigenito. Ossia, Egli ha voluto beneficiarci,
offrendoSi per noi, ma a coloro che Lo rifiutano non sarà permesso di godere del premio della vita eterna.
 |
La Santissima Trinità con tutti gli Angeli e Santi, di Jean Fouquet – Libro delle Ore di Étienne Chevalier, Museo Condé, Chantilly (Francia) |
III – Non basta la fede, è necessario dare testimonianza
Credere significa tradurre nella propria
vita quello in cui si è creduto. È indispensabile,
dunque, che ci sia da parte nostra questa
credenza in Nostro Signore, non in maniera
eterea, ma in accordo col momento
storico attuale. E siccome nel corso dei secoli
il male si presenta sotto nuovi aspetti,
abbiamo l'obbligo di manifestare la fede in
Cristo in modo conveniente alla situazione
che viviamo. Nei primi tempi del Cristianesimo
i fedeli erano condotti dal soffio dello
Spirito Santo, al punto che erano disposti
a dare tutto quanto possedevano, come
si narra negli Atti degli Apostoli (cfr. At 2,
44-46). Diversa fu l'epoca delle persecuzioni,
in cui i cristiani, inebriati all'idea della
Morte e Resurrezione del Signore Gesù e
infiammati d'amore per Lui, affrontavano
la morte e dominavano gli istinti di socievolezza
e di conservazione, entrambi molto
radicati nell'anima. Nel Medioevo, un'altra
forma di adesione ha portato l'uomo a
trasformare la vita sociale in una manifestazione
della Fede Cattolica. A ogni fase
storica, pertanto, la fede produce nuovi e
vari frutti di santità, poiché senza le opere essa è
morta (cfr. Tg 2, 17).
Anche noi abbiamo bisogno di dare testimonianza
di questa virtù, adeguando a Gesù Cristo
le nostre attitudini, mentalità, intelligenza,
volontà, sensibilità, insomma, tutto quello che
siamo e vogliamo essere. Assistendo nel mondo
odierno all'abbandono della fede e alla quasi
completa scomparsa del fermento evangelico
nelle relazioni umane, ci tocca alimentare una
vigorosa pietà eucaristica e mariana, a lato della
fedeltà alla Cattedra di Pietro, e cercare la sacralità
in tutti gli aspetti dell'esistenza. Insomma,
dobbiamo conformarci al Divino Maestro,
al fine di partecipare, già in questa vita, all'ineffabile
convivenza con le tre Persone Divine.
Questo è l'obiettivo della Liturgia di oggi: stimolarci
a crescere nella devozione alla Santissima
Trinità e a corrispondere al suo ineffabile
amore, realizzando la volontà del Padre, camminando
sulle orme del Figlio e rispondendo
con docilità alle mozioni dello Spirito Santo.
1 RITO DELLA MESSA. Riti iniziali, A. In: MESSALE ROMANO. Trad. Portoghese della 2ª edizione tipica per il Brasile realizzata e pubblicata dalla CNBB con aggiunte approvate dalla Sede Apostolica. 9.ed. São Paulo: Paulus, 2004, p.389.
2 Cfr. SAN TOMMASO D'AQUINO. Somma Teologica. I, q.32, a.1.
3 SOLENNITA' DELLA SANTISSIMA TRINITÀ. Preghiera del Giorno. In: MESSALE ROMANO, op. cit., p.379.
4 Cf. SAN TOMMASO D'AQUINO, op. cit., II-II, q.6, a.1.
5 SANT'AGOSTINO. De Trinitate. L.I, c.1, n.3. In: Obras. 2.ed. Madrid: BAC, 1956, vol.V, p.131.
6 Idem, L.XV, c.25, n.45, p.927.
7 HAYMO DE AUXERRE, apud SAN TOMMASO D'AQUINO. Catena Aurea. In Ioannem, c.III, v.1-3.
8 Cfr. SAN TOMMASO D'AQUINO.
Somma Teologica. I, q.25,
a.3, ad 2.
9 Cfr. Idem, q.20, a.2, ad 2.
10 Cfr. SAN TOMMASO D'AQUINO. La Somma contro i gentili. L.III, c.24, n.6.
11 SAN TOMMASO D'AQUINO. Super Sent. L.II, prooem.
12 SAN TOMMASO D'AQUINO. Super Ioannem. C.III, lect.3.
13 SANT'AGOSTINO, op. cit., L.XIII, c.11, n.15, p.733.
14 GONZÁLEZ ARINTERO, OP, Juan. Evolución mística. Salamanca: San Esteban, 1988, p.209.
15 SAN TOMMASO D'AQUINO, Super Ioannem, op. cit.
16 Cfr. SAN TOMMASO D'AQUINO. Somma Teologica. I, q.12, a.6.
17 CCE 1022.
18 SANT'AGOSTINO. In Ioannis Evangelium. Tractatus XII, n.12. In: Obras. Madrid: BAC, 1955, vol.XIII, p.353.
19 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Omelia XXVIII, n.1. In: Homilías sobre el Evangelio de San Juan (1-29). 2.ed. Madrid: Ciudad Nueva, 2001, vol.I, p.325.
Rivista Araldi del Vangelo, Giugno/2014, n. 134, p. 08 - 15