Se a Cristo Signore è stata data ogni potestà in cielo e in terra e se tutti gli uomini redenti con il Sangue suo prezioso sono soggetti per un nuovo titolo alla sua autorità, chiaramente si comprende, che nessuna delle nostre facoltà si sottrae a tanto impero.
Nella prima Enciclica che, asceso al Pontificato, dirigemmo a tutti i Vescovi dell'Orbe cattolico - mentre indagavamo le cause precipue di quelle calamità da cui vedevamo oppresso e angustiato il genere umano - ricordiamo d'aver chiaramente espresso non solo che tanta colluvie di mali imperversava nel mondo perché la maggior parte degli uomini avevano allontanato Gesù
Cristo e la sua santa legge dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l'impero di Cristo Salvatore.
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Gesù Cristo, Re dell’Universo
Duomo di Orvieto |
Pertanto, come ammonimmo che era necessario ricercare la pace di Cristo nel Regno di Cristo, così annunziammo che avremmo fatto a questo fine quanto Ci era possibile; nel Regno di Cristo - diciamo - poiché Ci sembrava che non si possa più efficacemente tendere al ripristino e al rafforzamento della pace, che mediante la restaurazione del Regno di Nostro Signore. [...]
Re in senso proprio e stretto
Da gran tempo si è usato comunemente di chiamare Cristo con l'appellativo di Re per il sommo grado di eccellenza, che ha in
modo sovraeminente fra tutte le cose create.
In tal modo, infatti, si dice che Egli regna nelle menti degli uomini non solo per l'altezza del suo pensiero e per la vastità della sua scienza, ma anche perché Egli è Verità ed è necessario che gli uomini attingano e ricevano con obbedienza da Lui la verità; similmente nelle volontà degli uomini, sia perché in Lui alla santità della volontà divina risponde la perfetta integrità
e sottomissione della volontà umana, sia perché con le sue ispirazioni influisce sulla libera volontà nostra in modo da infiammarci verso le più nobili cose. Infine Cristo è riconosciuto Re dei cuori per quella sua carità che "sorpassa ogni
comprensione umana" (Ef 3, 19), e per le attrattive della sua mansuetudine e benignità: nessuno infatti degli uomini fu mai tanto amato e mai lo sarà in avvenire quanto Gesù Cristo.
Ma per entrare in argomento, tutti debbono riconoscere che è necessario rivendicare a Cristo Uomo nel vero senso della parola il nome e i poteri di Re; infatti soltanto in quanto è Uomo si può dire che abbia ricevuto dal Padre “la potestà,
l’onore e il regno” (Dn 7, 14), perché come Verbo di Dio, essendo
della stessa sostanza del Padre, non
può non avere in comune con il Padre ciò che è proprio della divinità,
e per conseguenza Egli su tutte le
cose create ha il sommo e assolutissimo impero.
Fondamento biblico e liturgico
E non leggiamo infatti spesso
nelle Sacre Scritture che Cristo è
Re? […] Da questa dottrina dei sacri
libri venne per conseguenza che la
Chiesa, regno di Cristo sulla terra,
destinato naturalmente ad estendersi a tutti gli uomini e a tutte le nazioni, salutò e proclamò nel ciclo annuo
della Liturgia il suo autore e fondatore quale Signore sovrano e Re dei
re, moltiplicando le forme della sua
affettuosa venerazione.
Essa usa questi titoli di onore
esprimenti nella bella varietà delle
parole lo stesso concetto; come già li
usò nell’antica salmodia e negli antichi Sacramentari, così oggi li usa
nella pubblica ufficiatura e nell’immolazione dell’Ostia immacolata.
In questa laude perenne a Cristo Re,
facilmente si scorge la bella armonia fra il nostro e il rito orientale in
guisa da render manifesto, anche in questo caso, che ‘le norme della preghiera fissano i principi della fede’”.
Siamo stati riscattati dal
suo Sangue Prezioso
Ben a proposito Cirillo Alessandrino, a mostrare il fondamento di questa dignità e di questo potere, avverte che “egli ottiene, per
dirla brevemente, la potestà su tutte le creature, non carpita con la
violenza né da altri ricevuta, ma
la possiede per propria natura ed
essenza”.1
Cioè il principato di Cristo si fonda su quella unione mirabile che è chiamata unione ipostatica. Dal che segue che Cristo non
solo deve essere adorato come Dio
dagli Angeli e dagli uomini, ma anche che a Lui, come Uomo, debbono essi esser soggetti ed obbedire:
cioè che per il solo fatto dell’unione ipostatica Cristo ebbe potestà
su tutte le creature.
Eppure che cosa più soave e bella che il pensare che Cristo regni
su di noi non solamente per diritto di natura, ma anche per diritto
di conquista, in forza della Redenzione? Volesse Iddio che gli uomini immemori ricordassero quanto
noi siamo costati al nostro Salvatore: “Non a prezzo di cose corruttibili, di oro o d’argento siete stati
riscattati… ma dal Sangue prezioso di Cristo, come di agnello immacolato e incontaminato” (1 Pt 1,
18-19). Non siamo dunque più nostri perché Cristo ci ha ricomprati
col più alto prezzo (1 Cor 6, 20); i
nostri stessi corpi sono “membra di
Cristo” (I Cor 6, 15). […]
Siamo partecipi della
sua felicità e gloria
Inoltre non è a dire quanta forza e
virtù potranno i fedeli attingere dalla meditazione di coteste cose, allo
scopo di modellare il loro animo alla
vera regola della vita cristiana!
Poiché se a Cristo Signore è stata data ogni potestà in cielo e in terra (cfr. Mt 28, 18); se tutti gli uomini redenti con il Sangue suo prezioso sono soggetti per un nuovo titolo alla sua autorità; se, infine, questa
potestà abbraccia tutta l’umana natura, chiaramente si comprende, che
nessuna delle nostre facoltà si sottrae a tanto impero.
È necessario, dunque, che Egli
regni nella mente dell’uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve
prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà,
la quale deve obbedire alle leggi e ai
precetti divini; che regni nel cuore,
il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d’ogni cosa e a Lui solo stare unito; che
regni nel corpo e nelle membra, che,
come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come “armi di giustizia”
(Rm 6, 13) offerte a Dio devono servire all’interna santità delle anime.
Se coteste cose saranno proposte
alla considerazione dei fedeli, essi
più facilmente saranno spinti verso
la perfezione.
Faccia il Signore, Venerabili Fratelli, che quanti sono fuori del suo
regno, bramino ed accolgano il soave giogo di Cristo, e tutti, quanti siamo, per sua misericordia, suoi sudditi e figli, lo portiamo non a malincuore ma con piacere, ma con
amore, ma santamente, e che dalla nostra vita conformata alle leggi
del Regno divino raccogliamo lieti ed abbondanti frutti, e ritenuti da
Cristo quali servi buoni e fedeli diveniamo con Lui partecipi nel Regno celeste, della sua eterna felicità
e gloria. (Estratto da: PIO XI.
Quas primas, 11/12/1925) (Rivista Araldi del Vangelo, Novembre/2019, n. 198, p. 6-7)
1
SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA. In
Lucam, c.X: PG 72, 666.