Gustavo Kralj |
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Il sepolcro vuoto, del Beato Angelico – Museo di San Marco, Firenze |
"Vangelo"
1 Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino,
le donne si recarono alla tomba di Gesù,
portando con sé gli aromi che avevano preparato.
2 Trovarono la pietra rotolata via dal Sepolcro.
3 Ma, entrate, non trovarono il Corpo
del Signore Gesù 4 Mentre erano ancora incerte,
ecco due uomini apparire vicino a loro in
vesti sfolgoranti.
5 Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il
volto a terra, essi dissero loro: “Perché cercate tra
i morti Colui che è vivo? 6 Non è qui, è risuscitato.
Ricordatevi come vi parlò quando era ancora
in Galilea, 7 ‘dicendo che bisognava che il Figlio
dell’Uomo fosse consegnato in mano ai peccatori,
che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno’”.
8 Ed esse si ricordarono delle sue parole. 9 E,
tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo
agli Undici e a tutti gli altri. 10 Erano Maria
di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo.
Anche le altre che erano insieme lo raccontarono
agli Apostoli. 11 Quelle parole parvero
loro come un vaneggiamento e non credettero
ad esse.
12 Pietro tuttavia corse al Sepolcro e chinatosi
vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore
per l’accaduto (Lc 24, 1-12).
Distrutto il piano originale della creazione dal peccato dei
nostri progenitori, Dio inizia, nella sua bontà infinita, un
processo che culmina in forma grandiosa nella notte della
Resurrezione del Signore.
Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
I – La più bella cerimonia dell’Anno Liturgico
La sera che precede la Domenica della Resurrezione del Signore è segnata dalla ricchissima
cerimonia della Veglia Pasquale, realizzata
in onore di questo grandioso mistero. Negli
albori del Cristianesimo, questa notte era tenuta
in grande considerazione dai fedeli, che usavano
trascorrerla in orazione, per prepararsi a
commemorare il trionfo di Gesù sulla morte
con la celebrazione dell’Eucaristia, nella notte
della domenica. Dal Giovedì Santo la Chiesa
primitiva, immersa nel ricordo della Passione
e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo, si asteneva
dal Santo Sacrificio, anche il sabato, preferendo
accompagnare nel silenzio della sepoltura
il Corpo inanimato del Divino Redentore.
Col passare del tempo si è perduta questa tradizione
in Occidente, dove, a partire dal XI secolo,
la Solennità della Resurrezione è stata a
poco a poco anticipata alla mattina del Sabato
Santo.1 Infine, nell’anno 1951, Papa Pio XII ha
ripristinato definitivamente la Veglia Pasquale
con la splendida pompa liturgica che la circonda,
pervasa di un profondo significato.
Il mistero della morte di un Dio
Ieri, Gesù proferiva dall’alto della Croce un
grido lancinante, indicativo della solitudine che
sperimentava nell’imminenza della morte: “Mio
Dio, mio Dio, perché Mi hai abbandonato?”
(Mc 15, 34). Comunque, non aveva Egli stesso
affermato: “Io e il Padre siamo una cosa sola”
(Gv 10, 30)? Infatti, come Figlio eterno del Padre,
non si è mai allontanato da Lui, poiché non
esiste possibilità di separazione tra le tre Persone
della Santissima Trinità. Non andrebbe bene
neppure una separazione tra la natura divina
e la natura umana di Gesù – inseparabili nella
Persona del Verbo per l’unione ipostatica –,
né potrebbe, in alcun modo, rompersi l’unione
della divinità con il Corpo o con l’Anima di Cristo.2 C’è stata, questo sì, la scissione tra l’Anima e il Corpo che ha provocato la morte. Si comprende,
dunque, il grido di Gesù per il fatto che
il Padre avesse smesso di proteggerLo e di assisterLo,
abbandonandoLo nelle mani dei suoi
persecutori, per permetterGli di patire i dolori
della Passione, fino a spirare.3
L’emozionante contrasto tra le tenebre e il fuoco
La morte è simbolizzata in questa Veglia
dall’oscurità che avvolge la Chiesa e le sue vicinanze
all’inizio della cerimonia, appena squarciata
dalla luce del fuoco nuovo. Qual è la ragione
più profonda di questo fuoco? Secondo
la concezione degli antichi, quattro sono gli elementi
che ci circondano: terra, acqua, aria e fuoco.
I primi tre ci sono ben noti, poiché abbiamo
un contatto diretto con loro: calpestare la terra
ci dà una sensazione di stabilità; ci produce un
immenso piacere penetrare nelle acque del mare
o beneficiarci, con un salto di paracadute, dell’aria
pura delle alte quote, splendido chiostro degli
Angeli. E il fuoco? Pericoloso è approssimarsi ad
esso e impossibile sarebbe mantenersi vivo tra le
fiamme. Tuttavia, esso è un elemento indispensabile
per la vita sulla Terra, a cominciare dal fuoco
del Sole, fonte di luce e calore.
Il fuoco di questo mondo, però, è una pallida
immagine di un altro di gran lunga superiore.
Buona parte degli scolastici considera che
il Cielo Empireo non sia composto dalle quattro
essenze riferite, ma da una quinta essenza.
4 Qualcosa di simile al fuoco – di qui la parola
empireo, dal greco πυρ?ς (pirós), che significa
fuoco –, con caratteristiche notevolmente diverse,
poiché Dio ritira l’ardore distruttivo di questo
fuoco, riservandolo al tormento dei reprobi
nell’inferno, e conserva la sua luminosità per il
piacere e la gioia dei Beati nel Paradiso.5 Il Dottor
Angelico afferma che si può dire che “il Cielo
Empireo ha una luce non condensata, capace
di emettere raggi luminosi come il Sole, ma più
sottile. O, allora, si può dire che abbia il chiarore
della gloria, differente dal chiarore naturale”.
6 Questa luce speciale, a sua volta, non è nulla
a paragone della Luce vera e vivificante che
è Dio stesso, poiché Egli è Luce (cfr. I Gv 1, 5).
La grande Santa Teresa di Gesù, dopo una visione
mistica nella quale le apparve il Divino
Salvatore, esclamava: “Pare una cosa così offuscata
il chiarore del Sole che vediamo, in comparazione
con quel chiarore e luce che si presenta
alla vista, che gli occhi non vorrebbero poi
aprirsi. [...] È luce che non ha notte e che, come
sempre è luce, nulla la turba”.7
Il Cero Pasquale – simbolo di Nostro Signore
– è acceso al fuoco benedetto in questa notte che
rappresenta la divinità di Cristo, con la cui forza,
identica a quella del Padre, Egli resusciterà
Se stesso8 in maniera folgorante, unendosi nuovamente
la sua Anima al suo Corpo ora glorioso,
e facendo cessare il miracolo, per così dire, negativo
con il quale, dal momento dell’Incarnazione, Egli aveva voluto assumere un Corpo sofferente
malgrado la sua Anima fosse in possesso della
visione beatifica.9 “La divinità, infatti” – afferma
San Leone Magno –, “che non si era ritirata
dalle due sostanze che componevano l’uomo che
lei aveva assunto, ha riunito col suo potere quello
che il suo potere aveva separato”.10
Vittoria di Cristo sul peccato e la morte
Prima della Redenzione, l’umanità giaceva in
una tremenda notte di tenebre: quelle del peccato
e della morte. Ora, Nostro Signore Gesù
Cristo, tornando alla vita, ci ha portato la liberazione
completa, trasmettendoci la sua stessa luce,
come la fiamma del Cero Pasquale, accesa a
partire dal fuoco sacro, va successivamente accendendo
le candele che i fedeli portano spente
dall’inizio della celebrazione liturgica, a significare
che Gesù è la Luce del mondo e chi Lo segue
“non camminerà nelle tenebre, ma avrà la
luce della vita” (Gv 8, 12).
Non solo Egli ci comunicherà la grazia santificante,
ma ci renderà anche partecipi della sua
mensa. Per questo, la Veglia Pasquale è l’occasione
più appropriata per celebrare in uno stesso
tempo i due grandi Sacramenti della vita cristiana:
il Battesimo, che apre le porte a tutti gli
altri e l’Eucaristia, il più eccellente e perfetto,
poiché ha come sostanza Dio stesso.
Foto: Stephen Nami |
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Benedizione del fuoco nuovo e preparazione del Cero Pasquale presiedute da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP, nella Basilica della Madonna del Rosario, Caieiras (Brasile) 29/4/2014 |
Le lettere alfa e omega, impresse dal celebrante
nel Cero, ricordano che Gesù è il principio
e la fine. Da Lui proviene e in Lui deve confluire
tutta l’opera della creazione: “Il Cristo ieri
e oggi: Principio e Fine, Alfa e Omega. A Lui appartengono
il tempo e i secoli. A Lui la gloria e il
potere per tutti i secoli in eterno. Amen”.11
Dopo questo rito iniziale, il Cero è introdotto
nel recinto sacro, dove un diacono proclama
l’Annuncio Pasquale, emozionante canto che
mostra quanto il peccato, sotto un certo punto
di vista, sia stato necessario per meritare un così
grande Redentore.
Una sintesi della Storia della salvezza
Infine, la Liturgia della Parola sintetizza in
sette letture tratte dall’Antico Testamento la Storia
della salvezza, alla luce delle meraviglie operate
da Dio a favore del popolo eletto dalla sua
genesi fino alla Resurrezione del Signore, commemorata
nella stessa Messa. Questo sapienziale
insieme di passi delle Sacre Scritture costituiva
l’ultimo insegnamento dato ai catecumeni che,
secondo un’antica tradizione della Chiesa, sarebbero
stati battezzati in questa stessa notte.
La prima lettura (Gen 1, 1–2, 2) narra l’opera
dei sei giorni, è la spiegazione di un magnifico
piano all’interno del quale Dio stabilisce
l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, come re e dominatore di tutta la Terra. In questo
passo del Libro della Genesi, spicca la creazione
della luce e la separazione tra il giorno e la
notte, così simbolicamente messa in relazione
con la cerimonia precedente.
Nella seconda lettura (Gen 22, 1-18) si considera
l’Alleanza fatta da Dio con Abramo come
pegno della vittoria sulla terribile notte che attraversava
l’umanità dal peccato originale, in Paradiso.
Questo episodio evidenzia l’elezione di un popolo
non ristretto al sangue ma spirituale, aperto
ad un’ampiezza infinita e confinato nello stesso
Dio. Stirpe che ha la sua origine in un padre comune,
Abramo, dal quale è nato Isacco, che ha
generato Giacobbe, i cui figli si sono stabiliti in
Egitto, dove sono cresciuti e si sono moltiplicati,
diventando una numerosa e temibile nazione, fino
a cadere nella schiavitù, quando “sorse sull’Egitto
un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe”
(Es 1, 8). Ancora una volta, Dio prende
l’iniziativa di venire in aiuto degli ebrei, suscitando
la figura di Mosè che li libererà dalla schiavitù
per mezzo di una successione di miracoli, il cui
apice viene descritto nella terza lettura (Es 14,
15–15, 1): gli israeliti superano il Mar Rosso a
piedi asciutti, mentre tutto l’esercito egizio affoga
nelle acque, in un nuovo trionfo del disegno di
Dio a favore della sua amata eredità.
A seguire, due passi del profeta Isaia (54,
5-14; 55, 1-11) mostrano la grande compassione
di Dio che non abbandona il suo gregge, pur
avendolo respinto per un istante in punizione
per le sue infedeltà e trasgressioni. L’immagine
della sposa ripudiata e poi riscattata è simbolo
della sinagoga che cede il posto alla Chiesa, con
la quale il Signore fissa una Nuova Alleanza irrevocabile
e indissolubile.
Sergio Hollmann |
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La sinagoga cede il posto alla Chiesa – Museo del Prado, Madrid |
Infine, seguono le ultime letture dell’Antico
Testamento, tratte dalle profezie di Baruc (3,
9-15.32–4, 4) e di Ezechiele (36, 16-17a.18-28).
Nella prima, vediamo gli ebrei alla mercé dei nemici
e privati della pace per aver abbandonato la
sapienza; ma Dio, con un affetto più che materno,
insegna loro ad abbracciarla nuovamente e a
camminare “allo splendore della sua luce” (Bar 4,
2). Ezechiele, a sua volta, ricorda i castighi inflitti
al popolo per la caduta nell’idolatria, e gli annuncia,
nello stesso tempo, i portenti di misericordia
che il Signore farà, in considerazione del suo Santo
Nome: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete
purificati; Io vi purificherò da tutte le vostre sozzure
e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo,
metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò
da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore
di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò
vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie Leggi.
Abiterete nella terra che io diedi
ai vostri padri; voi sarete il
mio popolo e Io sarò il vostro
Dio” (Ez 36, 25-28). A dispetto
dell’empietà del suo
popolo, Dio assicura che
verserà su di lui un’acqua
pura capace di cancellare
tutti i suoi peccati, preannunciando
la rigenerazione
battesimale che conferisce
la grazia santificante
e ci rende partecipi della vita
divina.
La bellissima sequenza di
queste letture culmina – dopo
il cantico del Gloria – con
un’ottava lettura: un passo della
Lettera di San Paolo ai Romani
(6, 3-11), nella quale egli,
apostolo della Resurrezione,
chiarisce come l’elevazione della nostra natura al
piano soprannaturale, profetizzata da Ezechiele,
abbia il suo fondamento nella Resurrezione di
Cristo, e come dobbiamo di conseguenza conformare
la nostra esistenza a questo inestimabile dono,
morendo al peccato e vivendo solo per Dio.
Gustavo Kralj |
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Sacro Cuore di Gesù – Chiesa dell’Immacolata Concezione, Panjim (India) |
Dio offre sempre cento per uno
Il rito della Veglia Pasquale crea, progressivamente,
un’ambientazione affinché comprendiamo
l’amore infinito di Dio e il suo desiderio
di perdonare. Così, Egli accetta benigno l’offerta
di fede di Abramo, esaudisce la supplica di Mosè
e stabilisce promesse sempre rinnovate che
compie con stupefacente esuberanza e prodigalità,
dando più di cento per uno, poiché non esiste
proporzione tra la promessa e la sua realizzazione.
Dopo tutte le follie della nazione eletta,
ancora suscita dal suo ambiente Maria Santissima,
San Giuseppe e lo stesso Nostro Signore Gesù
Cristo, e gli offre la garanzia della conversione
e della restituzione dello splendore originale, alla
fine del mondo (cfr. Rm 11, 25-32).
II – La mancanza di fede nella
Resurrezione dimostrata
dagli Apostoli
Questa suprema bontà divina trova nel Vangelo
una nuova manifestazione.
1 Il primo giorno dopo il sabato,
di buon mattino, le
donne si recarono alla
tomba di Gesù, portando
con sé gli aromi
che avevano preparato.
2 Trovarono
la pietra rotolata via
dal Sepolcro. 3 Ma,
entrate, non trovarono
il Corpo del Signore
Gesù.
Le Sante Donne, con
Santa Maria Maddalena in
testa – che deve aver incoraggiato
le altre a seguirla –, sono
andate al tumulo aspettandosi
di trovare solo un cadavere,
prova che esse non pensavano
neppure a una possibile resurrezione
di Gesù, sebbene Egli l’avesse annunciata
chiaramente, in varie occasioni.
In quel tempo i sepolcri non erano come
quelli dei giorni nostri. Secondo il costume giudaico,
le famiglie ricche non seppellivano i morti
nella terra, ma in camere scavate nella roccia,
a volte così profonde che avevano scale di accesso
e gallerie sotterranee. All’entrata c’erano
due binari sui quali rotolava una pietra circolare
a chiudere il luogo, che veniva in seguito anche
sigillata.
Ora, la realtà costatata dalle donne non è stata
quella della pietra spostata che liberava l’entrata
– il che di per sé sarebbe stato inusuale –, ma
violentemente rimossa fuori dei binari, attestando
con forza la Resurrezione del Signore, confermata
inoltre dall’assenza del suo Sacro Corpo.
Gli Angeli ricordano quello che era
stato annunciato dal Salvatore
4 Mentre erano ancora incerte, ecco due
uomini apparire vicino a loro in vesti
sfolgoranti. 5 Essendosi le donne impaurite e avendo
chinato il volto a terra, essi dissero loro:
“Perché cercate tra i morti Colui che
è vivo? 6 Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi
come vi parlò quando era ancora in Galilea, 7 ‘dicendo che bisognava che
il Figlio dell’Uomo fosse consegnato in
mano ai peccatori, che fosse crocifisso e
risuscitasse il terzo giorno’”. 8 Ed esse si
ricordarono delle sue parole.
Colte di sorpresa e dominate dalla paura, le
donne non hanno riconosciuto neppure i due
Angeli come tali, che a loro si sono avvicinati
per comunicargli che il Divino Maestro era vivo.
Solo dopo aver udito le loro parole, esse si sono
ricordate delle reiterate occasioni in cui Nostro
Signore aveva predetto la sua Passione, Morte e
Resurrezione.
Le donne, prime evangelizzatrici
della Resurrezione
9 E, tornate dal sepolcro, annunziarono
tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.
10 Erano Maria di Màgdala, Giovanna
e Maria di Giacomo. Anche le altre
che erano insieme lo raccontarono agli
Apostoli. 11 Quelle parole parvero loro
come un vaneggiamento e non credettero
ad esse. 12 Pietro tuttavia corse al sepolcro
e chinatosi vide solo le bende. E
tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto.
Avendo creduto, le donne sono partite di corsa
per trasmettere agli Apostoli e discepoli la notizia
di questo grande avvenimento.
Tuttavia, vedendole
arrivare in quello stato di commozione,
essi hanno ritenuto
che si trattasse di vaneggiamento
– frutto della volubilità
femminile –, che le portava a
immaginare situazioni irreali.
Uomini concepiti nel peccato
originale e portatori, fino a
quel momento, di una debole
fede, sono stati incapaci di credere
nella meraviglia che era
accaduta, poiché, “volti ancora
alla Terra non potevano volare
più in alto”.12
Francisco Lecaros |
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San Pietro e San Giovanni davanti al sepolcro vuoto – Biblioteca del Monastero di Yuso, San Millán de la Cogolla (Spagna) |
San Pietro e San Giovanni,
a causa dei dubbi, hanno deciso
di andare al sepolcro per
verificare la veridicità di quanto
era stato loro riferito, senza intendere, tuttavia,
quello che era successo né “la Scrittura, che
Egli cioè doveva risuscitare dai morti” (Gv 20, 9).
Se del Discepolo Amato sappiamo appena che
“vide e credette” (Gv 20, 8), di Pietro è consegnato
che “tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto”
(Lc 24, 12), fino a che, alcune ore dopo,
il Signore gli è apparso privatamente (cfr. Lc 24,
34). Quanto agli altri, solo più tardi, quando hanno
collocato le loro mani nelle piaghe di Gesù –
poiché, si può dedurre dalla narrazione evangelica
(cfr. Lc 24, 39; Gv 20, 20.24-25) che non è
stato San Tommaso l’unico a godere di questo
privilegio –, alla fine hanno creduto. Purtroppo,
anche loro non avevano fissato nella memoria le
affermazioni del Divino Maestro riguardo alla
sua Resurrezione il terzo giorno.
Designando le Sante Donne come prime
evangelizzatrici e araldi della sua Resurrezione,
Cristo ha preteso dagli Apostoli un atto di umiltà.
“La donna è invitata per prima” – commenta
il padre Monsabré – “affinché quella che era
stata un tempo, insieme all’uomo, la messaggera
della morte, riparasse il suo primo crimine,
diventando l’apostolo della vita, e ricevesse,
in questo glorioso ministero, l’assoluzione dalla
sua ignominia e dalla maledizione nella quale
era incorsa. L’uomo si mostra ribelle alla fede,
affinché la sua incredulità provvidenziale determini
un progresso di manifestazioni, per cui lo
spirito umano è condotto fino alla perfetta e imperiosa
convinzione”.13
La misericordia divina oltrepassa le miserie
Pertanto, nonostante le miserie e traendo
profitto da queste, la bontà di Gesù ha fatto degli
Apostoli, dei discepoli e delle Sante Donne
testimoni della sua Resurrezione per i secoli futuri.
Ancora una volta possiamo osservare, sulla
linea dell’insegnamento delle letture di questa
Veglia Pasquale, una sorta di “persecuzione”
della misericordia e della clemenza di Dio, che
cerca a ogni costo di vincere la giustizia. Questa
è, in verità, la storia di ognuno di noi, poiché
se gettiamo uno sguardo alla nostra vita passata
troveremo ogni specie di infedeltà, seguite da
un nuovo richiamo da parte della Provvidenza e
di grazie che superano quelle precedentemente
ricevute.
III – La Resurrezione di Cristo,
ragione della nostra fede
Con la perdita dell’innocenza originale, è cominciato
sulla faccia della Terra un dramma per
le anime. Difficoltà, tragedie e tentazioni ci assalgono
in qualsiasi circostanza e il dominio del
peccato va, a poco a poco, trasformando il mondo in una selva, dove, come disse Plauto nel suo
famoso proverbio, “l’uomo è un lupo per l’uomo”.
14 Privato del dono dell’immortalità, ricevuto
da Dio nel Paradiso, l’essere umano sperimenta,
con il corso degli anni, la debolezza e
il malessere inerente all’età, che gli ricordano la
prossimità della morte e del tumulo, prospettiva
che lo angoscia profondamente.
Sergio Hollmann |
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Dubbio di San Tommaso - Museo del Prado, Madrid |
Tuttavia, il panorama è cambiato in modo radicale
dal momento in cui il Verbo si è incarnato
e ha scelto per Sé un corpo sofferente come il
nostro, per poter soffrire tutti i dolori della Passione,
fino al “Consummatum est!” (Gv 19, 30).
“La debolezza, sì, e la mortalità, che non erano
il peccato, ma solamente la pena del peccato, il
Redentore del mondo le ha assunte per il suo
supplizio, al fine di pagare per mezzo loro il nostro
riscatto. Quello che, in tutti gli uomini, era
l’eredità di una condanna è, allora, in Cristo, un
mezzo sacro nelle mani della sua bontà. Libero
da ogni debito, Egli si è consegnato, infatti,
al più crudele di tutti i creditori e ha permesso
che [...] torturassero la sua carne innocente.
Egli ha voluto che essa fosse mortale fino alla
sua Resurrezione, affinché per coloro che credevano in Lui, né la persecuzione potesse sembrare
intollerabile, né la morte temibile: perché,
come non avrebbero dovuto dubitare di comunicare
la sua natura, non avrebbero neanche dovuto
dubitare di partecipare alla sua gloria”.15
Se Nostro Signore Gesù Cristo non fosse risorto
e non avesse instaurato il regime della grazia,
non ci sarebbe speranza vera in questa vita,
come dichiara San Paolo in forma tassativa:
“se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede”
(I Cor 15, 17). In questo modo, troviamo le forze
per affrontare come un episodio transitorio,
i tormenti della morte, poiché, considerandola
in funzione dell’eternità, il tempo che intercorre
tra lei e la resurrezione è nulla. “Sappiamo”
– come dice San Giovanni – “che quando
Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui,
perché Lo vedremo così come Egli è” (I Gv 3,
2). La prova che Lui ci resusciterà per la gloria tornando alla fine del mondo, se moriamo nella
grazia di Dio, è nella stessa sua Resurrezione
che commemoriamo in questa Veglia.
La fede che dobbiamo avere!
“Tommaso, perché mi hai veduto, hai creduto:
beati quelli che pur non avendo visto crederanno”
(Gv 20, 29). Tutti noi cattolici siamo oggi
beati, poiché, sebbene non abbiamo visto, crediamo
che Lui ha rotto le catene della morte;
crediamo perché nel più profondo dell’anima
rifulge la virtù della fede, infusa in noi al momento
del Battesimo.
Fede pretesa da Abramo quando gli è stato
promesso che sarebbe stato padre di una moltitudine
di figli, più numerosi delle stelle del
cielo e dei granelli di sabbia sul lido del mare
(cfr. Gen 22, 16-17); fede che è stata necessaria
al popolo ebreo per attraversare il Mar Rosso,
con gli egizi al loro inseguimento; fede che è
stata richiesta ai giudei, quando si trovavano in
rovina e dediti all’idolatria, per credere che un
giorno avrebbero ricevuto un nuovo cuore e un
nuovo spirito; fede indispensabile agli Apostoli
per credere nella Resurrezione del Signore. Fede
che già possiede storia e tradizione, e nella
quale ci hanno preceduto tanti Santi lungo i secoli,
ma che ai nostri giorni diventa più necessaria.
Fede che entra nei piani di Dio come la goccia
d’acqua che, nella Messa, il sacerdote pone
nel calice del vino da esser consacrato.
La Chiesa trionferà!
Ci troviamo in un processo, in stato avanzato
e già multisecolare, in cui l’umanità è gradatamente
istigata dagli inferni ad allontanarsi da
Dio. Nell’impegno di sconfiggere la Santa Chiesa
e di estinguere la sua luce – che è il Signore
Gesù stesso –, satana agisce in maniera da
spegnere la fiamma della fede nelle anime, ottenendo
come risultato un mondo paganizzato,
una società immersa nel caos, sulla via dell’anarchia, dove la virtù diventa sempre più rara e
regna il peccato. È notte!
“C’est la nuit qu’il est beau de croire à la lumière!”.
16 Com’è bello, com’è glorioso e meritevole
credere nella luce di notte! Sappiamo che
le tenebre non potranno avvolgere questa luce
(cfr. Gv 1, 5), perché essa è divina! Essa è la
Sposa Mistica di Cristo, senza ruga e senza macchia
(cfr. Ef 5, 27), eretta da Lui e nata dal suo
costato nell’istante in cui Longino Lo ha trafitto
con la lancia. Essa è nostra Madre, la nostra
luce, il cammino della salvezza, chi distribuisce
i Sacramenti e chi ci santifica! Essa è sempre disposta
a perdonarci, come lo stesso Redentore
ha perdonato il buon ladrone sulla Croce,
offrendoci la possibilità di rialzarci di nuovo e senza permettere che ci scoraggiamo durante
il cammino. Questa è la Santa Chiesa Cattolica
Apostolica Romana, che ha come fondamento
la promessa del suo Fondatore: “Tu sei Pietro
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le
porte degli inferi non prevarranno contro di essa”
(Mt 16, 18)!
João Paulo Rodrigues |
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Cero Pasquale nella Basilica della Madonna del Rosario, Caieiras (Brasile) |
Beato sarà chi contemplerà la vittoria della
luce sulle tenebre di questo mondo, quando la
Chiesa schiaccerà la testa del serpente maledetto
e brillerà in tutti i continenti con splendore
e gloria mai più visti. Sarà la pienezza degli effetti
del preziosissimo Sangue di Nostro Signore
Gesù Cristo versato sul Calvario e della sua Resurrezione
trionfante, che oggi la Chiesa celebra
con giubilo.
1 Cfr. GUÉRANGER, OSB, Prosper.
L’Année Liturgique. La Passion
et la Semaine Sainte. 26.ed.
Tours: Alfred Mame et fils, 1921,
p.607-608.
2 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO.
Somma Theologica. III, q.50,
a.2; a.3.
3 Cfr. Idem, a.2, ad 1; SUÁREZ, SJ,
Francisco. Disp.38, sec.2, n.5. In:
Misterios de la Vida de Cristo. Madrid:
BAC, 1950, v.II, p.153-154.
4 Cfr. PESSION, Pierre-Joseph. Le
Paradis. Aoste: Catholique, 1899,
p.120-123.
5 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO,
op. cit., I, q.61, a.4; Suppl.,
q.97, a.1; a.4.
6 Idem, I, q.66, a.3, ad 4.
7 SANTA TERESA DI GESÙ. Libro
de la vida. C. XXVIII, n.5.
In: Obras Completas. Burgos: El
Monte Carmelo, 1915, t.I, p.219.
8 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO,
op. cit., III, q.53, a.4, ad 1.
9 Cfr. Idem, q.14, a.1, ad 2.
10 SAN LEONE MAGNO. De Resurrectione
Domini. Sermo I, hom.58 [LXXI], n.2. In: Sermons.
Paris: Du Cerf, 1961, v.III, p.125.
11 VEGLIA PASQUALE. Benedizione
del fuoco e preparazione del
cero. In: MESSALE ROMANO.
Riformato a norma dei decreti
del Concilio Ecumenico Vaticano
II e promulgato dal Papa Paolo
VI. Città del Vaticano: L. E. Vaticana,
1983, p.163.
12 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO.
De petitionem matris filiorum
Zebedæi. Contra anomoeos.
Hom.VIII, n.4: MG 48, 774.
13 MONSABRÉ, OP, Jacques-Marie-
Louis. Le Triomphateur. In:
Exposition du Dogme Catholique.
Vie de Jésus-Christ. Carême 1880.
9.ed. Paris: Lethielleux, 1903,
v.VIII, p.285-286.
14 PLAUTUS, Titus Maccius. Asinaria,
II, 4, 88. In: Comedias. Madrid:
Gredos, 1992, v.I, p.138.
15 SAN LEONE MAGNO, op. cit.,
Sermo II, hom.59 [LXXII], n.2,
p.130-131.
16 ROSTAND, Edmond. Chantecler.
Paris<: Pierre Lafitte et Cie, 1910,
p.124
(Rivista Araldi del Vangelo, Marzo/2016, n. 155, p. 08 - 17)